LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 4

 

6 novembre 2016 – 32ª domenica Tempo Ordinario

Ciclo liturgico: anno C

 

Gesù Cristo è il primogenito dei morti:

a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli.

 

Luca 20,27-38            (2 Mac 7,1-2. 9-14 - Salmo: 16 - 2 Ts 2,16-3,5)

                

O Dio, Padre della vita e autore della risurrezione, davanti a te anche i morti vivono; fa’ che la parola del tuo Figlio seminata nei nostri cuori, germogli e fruttifichi in ogni opera buona, perché in vita e in morte siamo confermati nella speranza della gloria.

 

  1. Gli si avvicinarono alcuni sadducei - i quali dicono che non c'è risurrezione - e gli posero questa domanda:
  2. “Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello.
  3. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli.
  4. Allora la prese il secondo
  5. e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli.
  6. Da ultimo morì anche la donna.
  7. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie”.
  8. Gesù rispose loro: “I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito;
  9. ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito:
  10. infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio.
  11. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe.
  12. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”.

 

Spunti per la riflessione

 

Sorella morte

E così anche la memoria dei defunti è scivolata via, quasi indenne.

Complice la vicinanza alla solennità dei santi (a proposito, buon onomastico!) e del ponte favorevole (se solo avessimo qualche soldino in più per goderne!), la dolente preghiera per chi ci ha preceduto ha riempito e abbellito i cimiteri per qualche ora, nulla di più.

La Parola, allora, ci permette un tempo supplementare, uno spazio per riflettere su sorella morte.

Il nostro è un mondo curioso: la morte cena con noi nelle immagini dei telegiornali, i nostri ragazzi, sin da piccoli, fanno stragi con i videogiochi ma della morte vera, quella reale, quella che porta via le persone che amiamo e che, prima o poi, verrà a bussare alla nostra porta, silenzio.

Tombale, visto il tema.

A proposito

L’atteggiamento verso la propria morte, atteggiamento adulto, non depresso né scaramantico, è all’origine di una ricerca più approfondita del mistero della vita di ciascuno.

Dobbiamo morire, certo. Anzi, a pensarci bene è l’unica certezza.

Che senso ha la vita se, alla fine della fiera, siamo solo un vuoto a rendere?

Questo contraddice l’esistenza di Dio?

Davanti alla morte sentiamo forte la ribellione e la rabbia: non è mai il momento di morire, dovessimo scegliere noi chi e quando far morire sarebbe una vera catastrofe…

Dio tace sulla morte e l’uomo è l’unico essere vivente che percepisce la morte come un’ingiustizia. Ma rispetto a cosa? Paradossalmente questa rabbia rivela la nostra identità profonda, il mistero che ciascuno di noi è. L’umano è l’unico vivente che ha coscienza della propria morte e vi si ribella.

Dobbiamo piegare la testa e rassegnarci? Vivere da sconsiderati tanto non sappiamo quanti giorni avremo? Far finta di niente, non pensarci e indurire il volto?

Non scherziamo.

Buone notizie

Gesù ha una buona notizia sulla morte, su questo misterioso incontro con Dio.

La morte, sorella morte, è una porta attraverso cui raggiungiamo la dimensione profonda da cui proveniamo, quell’aspetto invisibile in cui crediamo, le cose che restano perché, come diceva saggiamente il Petit Prince di Saint Exupèry, l’essenziale è invisibile agli occhi.

Siamo immortali e tutta la nostra vita consiste nello scoprire le regole del gioco, il tesoro nascosto nel campo, come un feto che cresce per essere poi partorito nella dimensione della pienezza.

Siamo immensamente di più di ciò che appariamo, più di ciò che pensiamo di essere.

Siamo di più: la nostra vita, per quanto realizzata, per quanto soddisfacente non potrà mai riempire il bisogno assoluto di pienezza che portiamo nell’intimo.

E Gesù ce lo conferma: sì, è proprio così, la tua vita continua, sboccia, fiorisce, cresce.

Per una pienezza di ricerca e di totalità se hai scoperto le regole del gioco, per una vita di dubbio e di inquietudine, se hai rifiutato con ostinazione di essere raggiunto.

Fa strano dirlo, lo so, ma l’inferno, che è l’assenza di Dio, esiste ed è l’opportunità che tutti abbiamo di respingere per sempre l’amore di Dio; è un segno di rispetto e di dignità che Dio ci concede. Tutti ci auguriamo che sia vuoto e che Dio sia un padre ostinato che vuole a tutti i costi la salvezza dei suoi figli.

L’eternità, cioè la vita dell’Eterno, è già iniziata per ciascuno di noi, giochiamocela bene, non aspettiamo la morte, non evitiamola, ma pensiamoci con serenità per rivedere la nostra vita, per andare all’essenziale, per dare il vero e il meglio di noi stessi.

Happy end

Nel giorno della nostra morte, la nostra anima, la parte immortale che siamo, raggiunge Dio per esser accolta o per rifiutarlo.

Alla fine del tempo, nella pienezza, la nostra anima tornerà ad unirsi ai nostri corpi risorti che ora conserviamo in luoghi che riempiamo di vita, con fiori e luci, i cimiteri, che in greco significa dormitori.  E sarà la pienezza, là dove Dio sarà tutto in tutti.

I nostri amici defunti, che affidiamo alla tenerezza di Dio, ci precedono nell’avventura di Dio.

Dio vuole la salvezza di ognuno con determinazione (Gv 6,37-40), ma ci lascia liberi, poiché amati, di rispondere a questo amore o di rifiutarlo.

 

 

Pregare con

La nostra preghiera ci mette in comunione con i nostri defunti, fa sentire loro il nostro affetto, nell’attesa dei cieli nuovi e della terra nuova che ci aspettano.

La preghiera di suffragio per i defunti, allora, non è una sorta di lamentela verso Dio affinché accorci l’eventuale pena di chi, attraversata la soglia, non è ancora in grado di accogliere la pienezza. Come se Dio, sommo ragioniere, tenesse una contabilità dei debiti da saldare e noi pagassimo una rata!

Se esistono dei legami fra le anime, la comunione fra i santi, allora possiamo sostenere il cammino dei nostri fratelli anche se sono già avanti, nel loro cammino di purificazione e di redenzione.

La preghiera per i defunti è la manifestazione del nostro affetto, del nostro riconoscimento, della nostra compassione.

Levirato

Se la vita oltre la morte, come professavano i farisei, consisteva nel prolungamento della vita terrena, certo la questione posta dagli scettici sadducei era obiettivamente complessa. Gesù, invece, sposta la questione su di un altro piano, invita gli uditori ad alzare lo sguardo da una visione che proietta nell’oltre morte, di fatto, le ansie e le attese della vita terrena.

È una nuova dimensione quella che Gesù propone: la resurrezione, in cui Gesù crede, non è la continuazione dei rapporti terreni, ma una nuova dimensione, una pienezza iniziata e mai conclusa, che non annienta gli affetti (Nel regno ci riconosceremo, ma saremo tutti nel Tutto!), che contraddice la visione attuale della reincarnazione (siamo unici davanti a Dio, non riciclabili, e la vita non è una punizione da cui fuggire, ma un’opportunità in cui riconoscerci!), e ci spinge ad avere fiducia in un Dio dinamico e vivo, non imbalsamato!

 

 

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L’Autore

 

Paolo Curtaz

Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).

Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).

Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.

Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.

Nel 2009 consegue il baccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.

Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.

Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.

Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.

 

Esegesi biblica

La risurrezione dei morti (20, 27-38)

Gesù, come sempre, nelle polemiche con scribi e farisei risponde a modo suo. Lo scopo della domanda dei sadducei è di mettere in imbarazzo Gesù.

Con un esempio concreto (Dt 25,3 ss.) cercano di dimostrare che l’idea di risurrezione è ridicola. Nella risposta di Gesù si scorge anzitutto un metodo originale, diverso da quello rabbinico e sadduceo di leggere le Scritture. In altri termini, Gesù non cerca testi che parlano della risurrezione, prestandosi in tal modo alle contestazioni dei sadducei, riducendo la risurrezione a una questione esegetica e a una disputa di scuola. Egli cita sorprendentemente Esodo 3,6 che è un testo di Dio e non sulla risurrezione. Ma sta proprio in questo l’originalità di Gesù: egli si rifà al centro delle Scritture, cioè alla rivelazione del Dio vivente e riconduce il dibattito sulla risurrezione all’amore di Dio e alla sua fedeltà: se Dio ama l’uomo, non può abbandonarlo in potere della morte.

Fin qui la risposta di Gesù è contro i sadducei, che respingevano la fede nella risurrezione: la loro dottrina fa morire le anime con i corpi, nega la sopravvivenza dell’anima come anche i castighi e i premi nel regno dei morti, e sostenevano la loro dottrina citando Gen 3,19: “Sei polvere e in polvere ritornerai”.

Ma la polemica è diretta anche contro i farisei, che concepivano la risurrezione in termini materiali: i defunti risorgeranno con i loro vestiti, con le stesse infermità, sordi, ciechi, zoppi, in modo da poterli riconoscere. Nella sua replica, Gesù afferma che la vita dei morti sfugge agli schemi di questo mondo presente: è una vita diversa perché divina, eterna: verrebbe da rassomigliarla a quella degli angeli (20,36).

Luca, però, ha voluto adattare la risposta di Gesù a un ambiente ellenistico, il quale non accettava la risurrezione del corpo: il corpo, dicevano, è la prigione dell’anima e la salvezza consiste nel liberarsene. Il pensiero greco è fondamentalmente dualista e parla volentieri di immortalità ma non di risurrezione. Questo rappresenta una prima e sostanziale differenza dal pensiero giudaico.

Inoltre la riflessione greca cerca la ragione dell’immortalità nell’uomo stesso: nell’uomo c’è una componente spirituale, incorruttibile, per sua natura capace di sopravvivere al corpo corruttibile. Questo costituisce una seconda differenza dal pensiero giudaico, che ama invece, come si è visto, cercare la ragione della vita nelle fedeltà di Dio.

Di fronte alla mentalità greca, che rischiava di tradire nel profondo l’insegnamento di Gesù e la speranza da lui portata, Luca si preoccupa, anzitutto, di togliere un possibile equivoco: la “risurrezione” non significa in alcun modo un prolungamento dell’esistenza presente. La risurrezione non è la rianimazione di un cadavere, è, invece, un salto qualitativo. Ecco perché egli distingue con cura “questo” mondo e “l’altro” mondo (20,34). Dunque si deve parlare di una nuova esistenza, di un altro mondo. Ma in questa nuova esistenza è tutto l’uomo che entra, non solo lo spirito. Luca parla di “risurrezione” non di immortalità. Alla cultura dei greci egli preferisce la solidità delle parole di Gesù. La promessa di Dio ci assicura che tutta la realtà della persona entra in una vita nuova e proprio perché entra in una nuova vita, tale realtà viene trasformata. È questo che Luca tenta di dire.